Strumenti Urbanistici

Introduzione

Le lezioni sono state elaborate dal prof. Giuseppe Platania 

Piano Territoriale di coordinamento (P.T.C.) Piano regolatore generale intercomunale (P.R.G.I.)
Piano regolatore generale comunale (P.R.G.C.) Regolamento Edilizio Comunale (R.E.C.)
Programma di Fabbricazione (P.d.F.) Piano Particolareggiato (P.P.)
Piano di zona Edilizia Economica e Popolare (P.E.E.P.)
Sono in preparazione altri capitoli sull'argomento

 

La pianificazione urbanistica é la disciplina che si occupa dell’organizzazione di un determinato ambito territoriale in vista della sua razionale utilizzazione.

Il processo di pianificazione si articola in tre fasi:

  • conoscitiva: consiste nello studio del territorio per acquisire gli elementi e le informazioni che lo caratterizzano (storici, sociali, economici, geologici, etc...);

  • programmatica: identifica e definisce i bisogni ed i programmi di intervento;

  • progettuale: definisce gli strumenti urbanistici generali ed attuativi per la realizzazione dei programmi.

Essa é materia particolarmente complessa in quanto la programmazione e la progettazione del territorio, a monte, e la sua gestione e controllo, a valle, si scontrano con equilibri ed interessi economici e sociali di una certa rilevanza. La complessità della materia viene ulteriormente ad amplificarsi quando - come nel nostro Paese - la cornice normativa di riferimento risulta vecchia e disorganica.
In Italia, la legislazione urbanistica é evoluta lentamente e per grandi salti, dal 1942 ad oggi, determinando un quadro alquanto incerto che, soprattutto in sede di applicazione, disorienta non poco gli operatori del settore - amministratori e tecnici - ed i privati cittadini: il contenzioso che si é sviluppato in materia fra le amministrazioni locali ed i privati é certamente da guinnes dei primati.

Si riporta di seguito il quadro dei principali provvedimenti legislativi dal 1942 ad oggi ed il loro periodare:

 

Anno

Legge

Anni

1942

L. 17 agosto 1942, n. 1150
Legge urbanistica

 

1952

L. 03 novembre 1952, n. 1902
Misure di salvaguardia in pendenza dell’ approvazione dei piani regolatori

 

1955

L. 21 dicembre 1955, n. 1357
Modifiche a disposizioni della legge urbanistica 1150/1942, sui piani regolatori e della L. 1402/1951 sui piani di ricostruzione

 

1962

L. 18 aprile 1962, n. 167
Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare

 

1966

L. 05 luglio 1966, n. 517
Modifica della L. 1902/1952 e successive modificazioni sulle misure di salvaguardia ....

 

1967

L. 06 agosto 1967, n. 765 (legge "ponte")
Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 1150/1942

25

1968

D.M. 01 aprile 1968, n. 1404
Distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione ....

 

1968

D.M. 02 aprile 1968, n. 1444
Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali ....

 

1968

L. 19 novembre 1968, n. 1187 (legge "tappo" o "tampone")
Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 1150/1942

 

1971

L. 22 ottobre 1971, n. 865 (legge "sulla casa")
Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica; norme sulle espropriazioni per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 1150/1942, 167/1962 ....

 

1972

D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8
Trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e di viabilità ....

 

1977

L. 28 gennaio 1977, n. 10 (legge "Bucalossi")
Norme sulla edificabilità dei suoli e modifiche alla L. 865/1971 ...

10

1985

L. 28 febbraio 1985, n. 47
Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie

 

8

1996

D.L. 22.09.1996, n. 495 (decaduto)
Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell’edilizia privata

 

11

 

Di questo processo evolutivo che ha prodotto modifiche sostanziali alla legge urbanistica fondamentale, L. 1150/1942, il provvedimento più importante é stato la L. 10/1977 (cosiddetta legge Bucalossi), che, pur non avendo i crismi della tanto attesa legge di riforma urbanistica, possedeva un potenziale innovativo di grandissimo rilievo fondato su un nuovo modello di pianificazione, gestione e controllo del territorio. Tale modello era incentrato su quattro punti qualificanti:

  • istituto della concessione edilizia (artt. 1¸ 6; artt. 9¸ 12);

  • edilizia abitativa convenzionata (artt. 7¸ 8);

  • programmi pluriennali di attuazione (art. 13);

  • repressione dell’abusivismo e regime sanzionatorio (art. 15).

L’istituto della concessione edilizia introdotto dalla legge Bucalossi, che sostituisce quello della licenza edilizia previsto dall’art. 31 della L. 1150/1942, trova la sua ragion d’essere nella cosiddetta riserva pubblica del diritto di costruire e si fonda sulla separazione fra il diritto di proprietà e lo jus aedificandi e coinvolge, attraverso la sua onerosità, il titolare della concessione alla partecipazione agli oneri derivanti dall’attività di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.

Tale presupposto, che certamente rispecchiava il pensiero e l’intento del legislatore, come testimoniano il dibattito politico, culturale e parlamentare del tempo, é stato invalidato dal giudice costituzionale che con sentenza n. 5/1980 ha deciso che il diritto di edificare continua ad inerire alla proprietà.

L’edilizia abitativa convenzionata ha lo scopo di esercitare un controllo pubblico diretto, esercitato dal Comune, sui prezzi di vendita e sui canoni di locazione di alloggi destinati ai ceti socialmente ed economicamente più deboli. Il convenzionamento previsto dalla Bucalossi prevede la parziale gratuità della concessione (limitatamente alla parte di contributo relativo al costo di costruzione) e la possibilità, per il concessionario, della diretta esecuzione delle opere di urbanizzazione.

L’attuazione degli strumenti urbanistici generali é previsto dalla legge che avvenga sulla base di programmi pluriennali di attuazione che delimitano le aree e le zone - incluse o meno in piani particolareggiati o in piani convenzionati di lottizzazione - nelle quali debbono realizzarsi, anche a mezzo di comparti, le previsioni di detti strumenti e le relative urbanizzazioni, con riferimento ad un periodo di tempo non inferiore a tre e non superiore a cinque anni (art. 13, comma I).

Con questo strumento - a tutt’oggi poco utilizzato e mal tollerato - (addirittura é stato effettuato dal legislatore un tentativo per abolirlo, fortunatamente rientrato) viene data ai Comuni la possibilità di attuare lo sviluppo urbanistico del territorio sulla base di interventi programmati, in termini spaziali e temporali, che consentono una gestione ed un controllo efficaci dell’attività edificatoria e di trasformazione del territorio medesimo.

La legge Bucalossi, nel corso dei suoi venti anni di vita, é stata oggetto di continue attenzioni e rivisitazioni che, da più parti e con diversi concorsi, la hanno snaturata e svuotata dei contenuti più significativi ed innovativi.

Anche in conseguenza di ciò, riemerge oggi, con maggior forza ed urgenza, la necessità di una legge quadro del tutto nuova in materia di urbanistica che, superando i limiti e la disorganicità della legislazione vigente, consenta alle Regioni ed alle autonomie locali di emanare provvedimenti finalizzati ad una seria, efficace e trasparente programmazione, gestione e tutela dello sviluppo territoriale, tenendo conto delle caratteristiche e delle peculiarità proprie.

Il 22 luglio 1996 é stato varato il D.L. 388/1966 che, decaduto per non essere stato convertito in legge nei termini prescritti, é stato reiterato in data 22 settembre 1996. Anche questo secondo decreto é decaduto il 22 novembre per gli stessi motivi.

Il suddetto decreto, fra gli altri provvedimenti, all’art. 5 dettava norme in materia di pianificazione urbanistica. In particolare, era previsto:

  • lo scioglimento dei consigli comunali nei Comuni con popolazione superiore a mille abitanti che, risultando sprovvisti di strumenti urbanistici generali, non provvedevano alla loro adozione entro diciotto mesi dalla data di elezione degli organi (comma I);

  • silenzio-assenso per l’approvazione dello strumento urbanistico generale e delle relative varianti nel caso in cui le Regioni non si pronunciano entro 180 giorni dalla data di trasmissione da parte dell’ente che lo ha adottato.

Si tratta di due provvedimenti importanti. Soprattutto il primo, finalizzato a risolvere il problema della storica inadempienza di tanti Comuni ad ottemperare all’obbligo di dotarsi di strumenti urbanistici generali.

Il legislatore, con la L. 23.12.1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) collegata alla legge finanziaria 1997, mentre ha recuperato, modificandole ed integrandole, le disposizioni relative al condono edilizio ed alla semplificazione dei procedimenti in materia di edilizia (cfr. art. 2, commi 37¸ 72), contenute nel decaduto D.L. 495/1996, ha deciso di non procedere al recupero delle suddette norme urbanistiche di cui all’art. 5.

Contemporaneamente, al comma 203 dell’art. 2 della L. 662/1996, il legislatore ha introdotto ben sei nuovi strumenti di pianificazione economico-territoriale, di cui nessuno sentiva la necessità e che complicano ulteriormente una materia già di per se stessa complessa:

  • programmazione negoziata;

  • intesa istituzionale di programma;

  • accordo di programma quadro;

  • patto territoriale;

  • contratto di programma;

  • contratto d’area.

Ermete Dalprato commentando l’iniziativa del legislatore (a), definisce i nuovi strumenti "illustri sconosciuti di cui forse solo pochi intimi avevano sentito parlare. Confesso che nonostante da tanti (forse troppi) anni mi occupi di urbanistica, di costoro conosco poco".

E conclude così la sua pertinente e critica riflessione: "E allora bisognerà pur dire che l’urbanistica (così com’é) ha fallito il suo scopo, che non é più adeguata, che va ripensata integralmente. Che occorre individuare una (sola) metodologia di più ampia portata, una vera norma di pianificazione che sappia conciliare ad un tempo le esigenze di trasparenza, certezza del diritto, semplicità, comprensibilità, celerità di attuazione e (in sintesi) sappia indurre (perché no?) quell’efficacia sempre invocata nell’attività della pubblica amministrazione. Queste vie accelerate non giovano all’urbanistica e non serviranno a rinnovarla. Anzi, temo che la soffocheranno".

(a) sta in L’Ufficio Tecnico, n. 4/1997, pagg. 439¸ 431, Maggioli Editore

La recente legge n. 127 del 15 maggio 1997 (cosiddetta legge Bassanini), all’art. 17 che detta ulteriori disposizioni in materia di semplificazione dell’attività amministrativa e di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo, ha inserito una disposizione che ha valenza attuativa degli strumenti urbanistici.

Al comma 59 é previsto che "le città metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione della provincia e della regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti".

Le società acquisiscono preventivamente le aree interessate dall’ intervento, consensualmente o ricorrendo alle procedure di esproprio da parte del Comune e successivamente provvedono alla loro trasformazione e commercializzazione. Le aree interessate sono individuate con delibera del Consiglio Comunale e tale individuazione equivale a dichiarazione di pubblica utilità anche per le aree non interessate da opere pubbliche.

Non é questa la sede per commentare le conseguenze di questa disposizione che consente l’attuazione del P.R.G. baipassando la pianificazione coordinata di dettaglio propria dei piani particolareggiati e degli altri strumenti attuativi previsti dalla vigente legislazione.

Ancora una volta il legislatore, rimandando sine die la risoluzione del problema, licenzia provvedimenti singolari, scoordinati e di dubbia efficacia.

A quando la riforma urbanistica?